Assassin's Creed Forum [Assassin's Creed, Assassin's Creed 2, Assassin's Creed Brotherhood, Assassin's Creed

Aki Rose

« Older   Newer »
  Share  
Tommy VIP'S
view post Posted on 12/2/2013, 15:16     +1   -1




AKI ROSE



Capitolo 1



The Beginning



Aki non ne poteva più delle missioni di routine, le detestava. Appena ne finiva una, ecco che ne arrivava un’altra bella calda. Lui era un ottimo poliziotto. E non poteva andare avanti a scovare scippatori. Aveva già provato il suo valore una volta, quando ha salvato dall’attacco dei pirati quella nave spaziale. Anche se erano una banda disorganizzata era lui da solo, e li ha fermati. Quindi Aki pretendeva che la prossima missione fosse stimolante. Mentre si avviava verso l’ufficio del suo capo, il signor Roddik, la testa di Aki non faceva che fantasticare. “Se mi affida un’altra schifezza giuro che lascio la polizia” esclamò ad alta voce. Alcuni si voltarono e lo guardarono male, a questo Aki rispose con un bel “Che avete da guardare?!” E subito si voltarono. Alcuni per far finta di niente iniziarono a cercare monete nel portafogli o a premere frettolosamente pulsanti sulla macchinetta del caffè. Arrivato a destinazione si fermò un attimo un attimo davanti alla lignea porta bianca dell’ispettore. In altro c’era una targhetta colo oro con scritto sopra “Ispettore Michael Roddik”. Aki mise la mano destra sulla maniglia, fece un respiro profondo ed entrò. Il suo capo era, come sempre, ordinatissimo e calmissimo. Aki lo stimava molto ma era arrabbiato con lui per il fatto che, a suo dire, non riconosceva il suo valore. Il signor Roddik era un tipo un po’ anziano, senza capelli e una barbetta bianca. Ora che Aki lo guardava bene aveva anche messo su un po’ di pancia. Appena entrato, si sedette su una delle due sedie nere. L’ispettore adorava il bianco: pareti e pavimenti erano bianche, mentre scaffali, scrivania e sedie erano nere. “Allora – esordì Aki – che missione mi affida oggi?” In quella domanda c’era un pizzico di ironia. “Aki, posso capire che a te non vanno bene gli incarichi che ti affidiamo, ma devi ancora finire la riabilitazione” concluse con tono calmissimo. Certe volte era questo tono sempre pacato che lo faceva imbestialire. “Che si fotta la riabilitazione!” All’udire di quelle parole il signor Roddik sbatté i pungi sul tavolo e alzò la voce “Che si fotta la riabilitazione?! Mi ti rendi conto della cazzata che hai appena detto?! Vuoi finire a pezzi come l’ultima volta?!” “E’ stato due anni fa! Lo so che ci vuole tempo per queste cose ma adesso basta! Starò più attento, se può farla sentire meglio”. L’ispettore si grattò la fronte ritrovando la calma “Aki, ora hai praticamente un corpo nuovo. Abbiamo speso milioni perché tu eri un agente importante, non possiamo permettere che tu ti faccia male, abbi la cortesia di aspettare!”. Aki si rese conto che forse l’ispettore aveva ragione, doveva avere pazienza. Il problema è che lui non ce l’aveva. All’improvviso qualcuno bussò alla porta. L’ispettore disse di entrare. Era Cristina, una ragazza molto attraente: capelli a caschetto, biondi. Occhi azzurri, bocca carnosa, gambe lunghe. Aveva un fisico da modella, e non era una poliziotta qualsiasi. Era la leader del reparto di spionaggio. “Mi scusi, pensavo avesse finito” esclamò con aria sorpresa. “Non si preoccupi signorina, stavo giusto per....” E si bloccò un attimo. “Vuoi una missione seria Aki? E va bene, ti accontento!”. All’udire di queste parole Aki era al settimo cielo.
“L’hai sentito il signor Roddik no? Dobbiamo fermare questo bombarolo da quattro soldi”. Il bersaglio era un certo Malik Aboub, come aveva detto Cristina era un bombarolo da quattro soldi, ma doveva essere fermato perché questa volta l’avrebbe combinata grossa. “Si che l’ho sentito – replicò Aki – devo farmi trovare in cima della torre dell’orologio no? E’ li che piazzerà l’ordigno” “Esattamente. Io e il mio reparto lo pedinavamo da un po’. E’ un tipo abbastanza metodico, dubito che cambierà all’ultimo minuto la sua destinazione” disse Cristina con tono sicuro. Lei era sempre sicura, non sbagliava mai. “Perché mi lascia gestire completamente questa cosa? Devi avere molta fiducia in me” disse Aki. “Ce l’ho, prima dell’incidente tu eri uno dei migliori, e io provavo molta ammirazione per te. A quel tempo ero solo una recluta” replicò lei. “Beh, ne hai fatta di strada in così poco tempo”. D’altronde era bravissima, in tanti nel reparto la lodavano. Ma non c’era tempo per pensare a questo. Aki era già in posizione, pronto a cogliere il terrorista con le mani nel sacco. Passarono un paio di minuti e lo vide. Era un tipo con i capelli un po’ bianchi e un po’ grigi, con la coda di cavallo. Un cappello di lana rosso in testa. Portava un lungo impermeabile grigio chiuso. Probabilmente all’interno erano nascosti i materiali per fabbricare la bomba. Il malvivente iniziò ad operare sulle lancette del grande orologio. Era distratto, il momento perfetto per colpire. Aki si avvicino furtivamente a lui. Malik però si girò di colpo, come se sapesse che era li. La faccia era ustionata, probabilmente per il continuo trafficare con gli esplosivi. Aveva anche degli enormi paraocchi argentati, per non parlare dei folti baffi neri un po’ ridicoli. “Questo spiega come si è accorto di me, è ben equipaggiato il tipo” pensò. Quegli occhiali abbinati a delle speciali lenti permettevano all'utilizzatore di avere un campo visivo di quasi 360° gradi. Ormai che l’aveva scoperto Aki doveva correre. Dall’impermeabile estrasse una piccola mitraglietta e si mise a sparare. Lo spazio era poco e la velocità fondamentale, e Aki dovette usare i suoi potenziamenti. Il più utile in quella situazione era quello della “realtà aumentata”. Consisteva in uno speciale enzima nel sangue di Aki che gli permetteva di accellerare le sue funzioni e i sui riflessi. Questo veniva attivato da una speciale scossa della sua tuta. Tuttavia non poteva usarlo troppo altrimenti il suo corpo avrebbe risentito degli effetti collaterali. Gli bastò poco per accostarsi a lui, tirargli un pugno nell’addome con la mano destra e spezzargli il polso per disarmarlo con la mano sinistra. A quel punto un altro pugno in faccia per farlo sbattere contro l’enorme lancetta dell’orologio e la scazzottata era finita ancora prima di incominciare. “Non sei l’unico ad essere ben equipaggiato bastardo!” Esclamò Aki. Si sentiva proprio bene, queste erano le missioni che facevano al caso suo. Peccato che l’avversario non era alla sua altezza.

Capitolo 2



La testa fa BOOM



Mentre scendeva le scale con Malik ammanettato, Aki aveva una strana sensazione e il buio della torre l’opprimeva. All’improvviso sentì la voce di Cristina sugli auricolari, continuava a chiedere se andava tutto bene visto che aveva sentito degli spari. Il poliziotto rispose di si, e lei tirò un sospiro di sollievo. “Cristina, puoi controllare se ci sono cecchini o complici fuori dalla torre? Sto per uscire” chiese premendosi il pulsante che aveva appiccicato al collo attraverso una striscia di stoffa adesiva. “Non vedo il motivo della tua richiesta visto che abbiamo la certezza che Malik lavora, e ha sempre lavorato da solo. In ogni caso non c’è problema, controlliamo” disse Cristina con tono affermativo. Poco dopo risentì la sua voce “Allora: innanzitutto è impossibile che ci siano cecchini appostati, la torre è circondata da grattacieli altissimi e le finestre sono tutte chiuse e sulla sommità non avrebbero una buona visibilità” “Allora controlla se ci sono dei complici a terra” chiese nuovamente. La strana sensazione continuava a perseguitarlo e non poteva fare a meno di pensare a questa eventualità. Ancora una volta sentì subito la sua voce negli auricolari “No, nessuno che potrebbe destare sospetti. Rilassati Aki, nel caso noi siamo qua fuori, anche se avesse dei complici chissà dove non avrebbero vita facile con noi qui”. Rassicurato da queste parole Aki aprì la piccola porta di servizio da cui era entrato prima. Una luce abbagliante lo investì. Il contrasto tra la luce naturale e il buio della torre era incredibile. Per un po’ credeva di essere diventato cieco. Quindi si diresse subito verso il furgone nero con cui erano arrivati. Caricarono il criminale e partirono. Secondo Aki la città era stupenda, tutti quei grattacieli che si stagliavano contro il cielo. I colori predominanti erano il bianco e l’azzurro nella loro sommità ma verso il basso tutto diventava più colorato con i vestiti della gente, le navicelle di taglia piccola che avevano il permesso di circolare nella città. Per non parlare degli immensi megaschermi pubblicitari affissi praticamente ovunque che aggiungevano una marea di colori diversi. Tutto questo era meraviglioso. Lui credeva fermamente nel progresso dell’umanità ma simili capolavori non potevano essere minimamente comparati con le megalopoli su Marte o su Venere. Per non parlare di Thor, la città più grande nell’universo. Un capolavoro dell’ingegneria e dell’architettura contemporanea. New Venice non era sicuramente la città più bella o più grande, ma aveva un fascino irresistibile. Diversa da quella degli altri pianeti. Aki, come tutti gli altri, era nato su Marte e non aveva viaggiato moltissimo, eccetto per le missioni. Probabilmente la pensava così perché era l’unica città terrestre in cui è stato. Non che ci sia molto sulla Terra, per metà è ridotta ad un deserto: di sabbia e di rovine di vecchie città completamente abbandonate. In queste vivono malviventi di vario genere, desiderosi di vivere liberi senza costrizioni. Il governo di Marte non aveva certo tempo di cercarli, hanno persino stimato che più della metà dei terrestri vive in queste condizioni. Stimato perché non ci sono prove certe. Voci di corridoio dicono addirittura che non si usano i Canarini come moneta ufficiale, ma il baratto o una clandestina. Ormai il fulcro della vita, dell’economia e di molte altre cose è su Marte e la Terra è in un’avanzata fase di decadenza, se non fosse per queste grandi città. “C’è parecchia coda eh?” domando in tono ironico Aki. Cristina gli lanciò un’occhiataccia, e come risposta iniziò a premere il clacson. Inutile aggiungere altra confusione. “Ecco il motivo dell’ingorgo: un camion nella sopraelevata sopra di noi è fermo in mezzo alla strada, deve aver fatto un incidente o aver forato” disse Greg, il poliziotto incaricato della guida del furgone. I tre e gli altri poliziotti fecero un sospiro all’unisono. All’improvviso un suono terribile spezzò la noia del gruppo: il camion era esploso. “Ma che cazzo?!” esclamò Greg. L’esplosione non aveva fatto danni, ma il boato aveva rotto tutti i vetri delle auto nei paraggi. Il furgone era corazzato con vetri anti-proiettili, ci voleva ben altro per forarli. “Aspetta un attimo… cos’ha la gente?” chiese Cristina. In effetti era strano, tutti quanti erano usciti dalle auto. Stavano male, barcollavano e tossivano. Il gruppo di poliziotti guardava la scena con gli occhi sbarrati. Dopo circa 20-30 secondi si accasciarono a terra, probabilmente erano morti. “Dobbiamo aiutarli” disse Greg e si apprestò ad aprire la porta. A quel punto Aki si alzò di scatto, gli afferrò la spalla e si mise ad urlargli contro “Ma sei impazzito?! E’ chiaro che l’esplosione conteneva una sorta di agente patogeno, e tu vuoi far entrare quella merda qui dentro? Qui siamo al sicuro, restiamo qui!”. Lui ci aveva azzeccato, sapeva che non era finita. All’improvviso però sentì la testa girare, e la vista si annebbiò. Gli faceva male, sentiva come se qualcuno gliela stesse battendo forte. Si accasciò a terra. Gli altri si erano a accorti che qualcosa non andava, e continuavano a chiamarlo e a toccarlo per sentire se stava bene. I richiami erano sempre più distanti. Non riusciva a tenere gli occhi aperti. Una sensazione orribile. Voleva farla smettere, doveva smettere. Così decise di chiudere gli occhi, e da allora fu il buio.

Capitolo 3



Arma biologica



Aperti gli occhi, Aki si ritrovò sulla branda di un ospedale. La stanza era poco illuminata e guardando fuori vide una moltitudine di luci sospese nel buio. Che spettacolo la città di notte. Da bravo pigrone decise di rimettersi a dormire, si sarebbe preoccupato la mattina successiva. Il giorno dopo venne svegliato da un’infermiera. Anche se non era orario delle visite Roddik era li, con un’espressione arrabbiata stampata sulla faccia. “Ed eccoci qua” esordì quest’ultimo. Quando faceva così cercava chiaramente di trattenere l’impulso di mettergli le mani sul collo per strangolarlo. Era chiaro che era molto arrabbiato. “Aki, potresti cortesemente ripetermi ciò che ti ho raccomandato prima dell’inizio della missione?”. Così ci pensò un attimo e rispose: “Di non fare sciocchezze, ma a me non sembra di averle fatte” all’udire di quelle parole l’ispettore gli lanciò un’occhiata gelida. A quel punto Aki si alzò di scatto ed esclamò “Oddio, come stanno gli altri? E cos’è successo?”. Roddik rispose “Gli altri stanno bene, perché dovrebbero stare male? Non hanno respirato quella roba”. Il poliziotto capì che allora non era stato male per l’esplosione, ma allora per cosa? Roddik vide che che Aki si stava facendo un paio di domande e decise di chiarirgli le idee “Due giorni fa, dopo l’esplosione a cui hai assistito sono morte circa 2300 persone per cause sconosciute. Altre 800 sono attualmente ricoverate in reparti speciali. Quell’esplosione era chiaramente un atto terroristico . L’autore o gli autori sono attualmente sconosciuti, lo stesso vale per il motivo”. Aki non ci poteva credere. Roddik riprese “Alle TV locali e universali dicono che il camion conteneva un agente altamente tossico, ma abbiamo motivo di pensare che contenesse una potete arma biologica. Tu non sei svenuto per quello, ma per il semplice fatto che il tuo nuovo corpo non è ancora abituato a resistere alla realtà aumentata” “Ma è impossibile! L’ho usata per un secondo al massimo!” ribatté lui. “Non importa, ci vogliono mesi di allenamento per sopportarla a dovere. Inoltre hai bisogno di alcuni enzimi e sostanze speciali per aiutare il fisico alla sopportazione dell’eccessivo sforzo” concluse l’ispettore. “Che schifo, e adesso?” chiese Aki. “Adesso te ne stai buono a letto. Ti rimetti, e poi vediamo che fare – l’ispettore si fermò un attimo a pensare alle parole successive da dire – e non farti venire strane idee, tipo di dare la caccia al terrorista”. Aki si rassegnò e si buttò sul letto. Si sentiva ancora stanco, e litigare con il capo sarebbe stato inutile. “Ora io vado – disse Roddik alzandosi – ho un’indagine da organizzare, questo delinquente deve essere fermato al più presto” e salutando se ne andò, lasciandolo da solo. Aki odiava stare a letto, fermo. Doveva assolutamente trovarsi qualcosa da fare altrimenti la noia l’avrebbe ucciso, prima o poi. Appena uscito dall’ospedale Roddik si diresse subito verso il suo ufficio. Li c’era Cristina ad aspettarlo, desiderosa di iniziare. Questa esordì dicendo che aveva già controllato i filmati delle telecamere. Tutte le città sono sorvegliate da un sistema di telecamere orbitanti che sorvegliano 24 ore su 24 le persone. Tutto sarebbe andato liscio se il misterioso terrorista non fosse sparito nel nulla dopo l’esplosione. Sparito, senza lasciare nessuna traccia. Dalle poche immagini, di bassa qualità, a loro disposizione il team di Cristina era riuscito a creare un modello 3D del volto del criminale. Naturalmente non era esatto, visto che si scorgeva appena dalle inquadrature. Inoltre, gran parte di esso, era coperto dai lunghi capelli neri. “Cos’hai intenzione di fare?” le chiese l’ispettore “Purtroppo non abbiamo abbastanza dati su di lui, dobbiamo aspettare che si faccia nuovamente vivo”. Dalla sua espressione, Cristina capì che Roddik non era per niente soddisfatto ma d’altronde era come dare la caccia ad un fantasma. Tentò di sviare il discorso su Aki per non sentire l’ennesima ramanzina, ma non servì a molto. Così Cristina decise di mettere insieme una squadra di agenti specializzati, anche se non vedeva l'ora del ritorno di Aki, aveva bisogno di lui.

Capitolo 4



Irruzione


Il misterioso terrorista aveva colpito ancora, questa volta in un centro commerciale. Ancora molti morti e ancora molti intossicati. Tutte queste persone venivamo portate alla EDEN Farmaceutics, da quando gli ospedali erano stati spodestati dalla superpotenza delle società farmaceutiche queste svolgevano anche la loro funzione, e la EDEN era la leader indiscussa del mercato. Fornitissima e con del personale qualificatissimo. Tuttavia nemmeno loro riuscivano a trovare una cura per questo morbo, riuscivano solo a rallentare la morte dei pazienti rimasti intossicati e, le analisi, non davano buoni risultati. Qualsiasi cosa fosse ad uccidere le persone non lasciava tracce nell'organismo . Ma non tutte erano brutte notizia, infatti finalmente erano riusciti a rintracciare l'abitazione del terrorista. Per quanto furtivo potesse essere, le telecamere lo avevano immortalato questa volta, e grazie a quelle fuori dalla città erano riusciti a rintracciarlo in un quartiere piuttosto decaduto, il luogo ideale per un criminale. La squadra era pronta e si stavano dirigendo al luogo dive, ipotizzavano, vivesse. Cristina dirigeva le operazioni da lontano e poteva controllare tutto grazie a delle telecamere installate sui caschi e sulle armi degli altri poliziotti. Cristina era convinta che non fosse un semplice criminale, ma un uomo ben organizzato quindi dovevano essere preparati. I poliziotti portavano dei caschi protettivi e un giubbotto anti-proiettili e avevano anche delle mitragliatrici, tra gli ultimi modelli disponibili sul mercato. Ma anche se era preparata al peggio era molto tesa. Ormai era da circa due settimane che gli dava la caccia e non poteva permettersi di fallire ora che era così vicina alla sua cattura. Roddik faceva molta pressione su di lei. Più che altro voleva chiudere il caso in fretta per tornare a lavorare su Marte. Per quando sulla Terra ricopriva una carica importante voleva tornare sul pianeta rosso, la Terra non godeva di una buona reputazione. La squadra era pronta all'azione e si catapultò nell'edificio dove si presumeva abitasse il ricercato. L'edificio era vuoto, eccetto in un appartamento del quinto piano dove, sfondando la porta lo trovarono intento a trafficare in una valigetta. Aveva un'aria molto cupa, indossava un mantello nero ed era vestito con un abito molto aderente fatto interamente di pelle, sul braccio sinistro aveva un strano congegno. I capelli neri gli scivolavano sul volto e l'avrebbero coperto interamente se non avesse avuto una fascia rossa sulla fronte a tenerli. Accortosi dell'intrusione estrasse la pistola ed iniziò a sparare agli agenti. I colpi perforarono i giubbotti speciali. “Com'é possibile?” si chiedeva Cristina. Così i poliziotti decisero di aprire il fuoco, erano autorizzati ad ucciderlo in caso avesse opposto resistenza. Ma lui era velocissimo e si coprì dietro il tavolino che ribaltò per ripararsi. In pochi secondi finì tutto. Il capitano della squadra era rimasto ferito così il terrorista gli si avvicinò. Lo prese per il collo e, guardando nella telecamera, disse con voce spettrale “Dovrete fare molto meglio di così se vorrete prendermi”. I suoi occhi erano rossi come il sangue. Dallo strano oggetto che portava al braccio sinistro uscì una lama che conficcò nel petto del capitano. Poi lasciò andare il corpo a terra. Cristina era allibita, a che razza di mostro stavano dando la caccia? Inviarono un'altra pattuglia sul luogo, ma del ricercato nessuna traccia. Solo un biglietto sul pavimento con scritto EDEN “Che cosa sta cercando di dirci?” si chiese Cristina.

Capitolo 5



Di nuovo in azione



Un disastro dopo l'altro. Se Cristina era sempre più abbattuta, Roddik sempre più arrabbiato al sentire la notizia del fallimento e Aki, non poté fare a meno di decidersi a scappare dalla triste stanza d'ospedale in cui si trovava. Anche se questa era sorvegliata, il poliziotto non ebbe problemi a mettere fuori combattimento i suoi carcerieri e scappò dal piccolo ospedale gestito dalla polizia. L'ispettore continuava a tamburellare sulla sua scrivania. Cristina era di fronte a lui, in attesa di ricevere l'ennesima ramanzina, ma anche di elaborare un nuovo piano. Era di pessimo umore, ma la notizia che stava per arrivare l'avrebbe fatto andare su tutte le furie. Un poliziotto irruppe nello studio esclamando “Aki Rose è fuggito!”. Al contrario di Roddik, la giovane poliziotta sorrise, Aki Rose era l'uomo che faceva al caso suo. La risposta di Roddik fu secca: “Trovatelo!”. “Non c'è bisogno di cercarmi, sono qui”. Ed ecco che la sua testa fece capolino nello studio. “Ma che diavolo ti passa per la testa!” gli urlò contro Roddik. In sua difesa il giovane disse che era stufo di stare a letto e che non poteva rimanere impassibile vista la piega degli eventi. Anche Cristina s'intromise nel discorso difendendo l'amico. Anche l'ispettore sapeva che Aki era un validissimo candidato, ma non era ancora in grado di sfruttare al massimo le sue possibilità, come i vari potenziamenti psico-fisici a disposizione degli agenti più capaci. “Forse il mio fisico non sarà pronto a supportare cose come la realtà aumentata, ma mentre svolgiamo questa missione mi allenerò e sosterrò i test necessari per abituare il mio corpo all'effetto. Sarà dura, ma sento di potercela fare. Inoltre ci sarà Cristina con me”. Roddik sembrava convinto, del resto non aveva a disposizione uomini migliori. “Ed io ho un piano” disse lei. Con un cenno, l'ispettore le fece capire di essere interessato. “Anche se l'ultimo blitz è stato un completo fallimento ha avuto dei risvolti positivi. Grazie alle telecamere montate sui caschi degli agenti siamo riusciti a creare un'immagine 3D del volto del ricercato, l'abbiamo poi confrontato con quelli nel Database e abbiamo ottenuto un riscontro: si tratta di un certo Johnathan Murdock. Era uno dei pionieri delle rivoluzioni di Io e Europa. Parlo al passato perché dice che è morto 5 anni fa. L'altra notizia è che abbiamo trovato un biglietto, probabilmente lasciato apposta dal ricercato, con scritto sopra EDEN” “L'industria farmaceutica?” chiese Aki. “Esatto, anch'essa era immischiata con la rivoluzione, ma non se ne sa molto. La mia idea è quella di ispezionare lo stabilimento che c'è qui a New Venice” concluse lei. “Senza un mandato non possiamo fare nulla, Cristina” rispose Roddik. Naturalmente rispose che non doveva essere una cosa legale, ma un'infiltrazione bella e buona, facendo parte di un reparto speciale potevano farlo in un certo senso. L'indomani il piano venne definito nei minimi dettagli, l'ispettore decise di formare una squadra speciale fatta apposta per l'operazione. La scelta ricadde su Thomas Kent, un simpatico ragazzo di colore a ciu piacevano due cose: le sigarette e le cose di lana. Infatti indossava sempre una sciarpa o un berretto, anche se portava indumenti a maniche corte. Un tipo strano, ma un ottimo pilota abituato a guidare navicelle spaziali che fu scelto per il ruolo di pilota del furgone blindato e del camion che avrebbe scortato Aki all'interno della struttura- Michael Kyles era un hacker professionista. Il suo compito era quello do violare ogni sistema per agevolare l'infiltrazione e disturbare le azioni nemiche. Suo era anche il compito di analisi. I suoi capelli biondi tagliati corti dalle parti e lasciati crescere in mezzo gli davano un'aria da duro, ma gli enormi occhiali quadrati e l'abbigliamento da bravo ragazzo in giacca e cravatta lo facevano sembrare il secchione delle scuole superiori. In effetti era un cervellone ed era proprio quello di cui avevano bisogno. Il terzo membro era Cristina, il cui compito era di dare istruzioni ad Aki e di dirigere le operazioni, come aveva sempre fatto. Il quarto era, ovviamente, Aki Rose. La squadra era formata, l'indomani sarebbero entrati in azione, era ora di passare al contrattacco.
 
Top
0 replies since 12/2/2013, 15:16   32 views
  Share