Ecco qua, dopo una lunga e frammentata lavorazione
Spero che vi piacerà, e Ambo.... fai un bell'epilogo
Era una giornata soleggiata di fine Giugno, quando il caldo opprimente non lasciava scampo a chi sceglieva di stare all’aria aperta. Tutto era silenzioso, persino nel villaggio dove, di solito, si trovavano sempre venditori pronti a gridare qua e la le proprie offerte.
In aperta campagna, tre ragazzi stavano all’ombra di un ciliegio molto antico e grande.
Akimi, distesa tra i suoi due amici, stava leggendo un libro d’avventura. I capelli ricci le attorniavano il viso ed era persa chissà in quale pensiero, probabilmente nell’immaginazione della scena. Giuseppe, seduto con la schiena sul tronco, stava rivivendo un’ora particolarmente tranquilla, passata in riva al lago. Il vento gli scompigliava i capelli, il che era un enorme problema vista la difficoltà di farli stare giù… Bertalozzo sonnecchiava rannicchiato, con il collo storto e la testa inclinata verso destra. Aveva un’espressione serena… di certo stava sognando qualcosa su Laura, considerando che da quando l’aveva “ritrovata” aveva sempre quella faccia sorridente.
I tre erano talmente concentrati nelle loro occupazioni da non accorgersi di una specie di puntino che continuava a ingrandirsi in lontananza, che gridava il loro nome a squarciagola inutilmente. Martina stava dicendo “Ehi! A casa mia c’è un uomo che vi cerca, venite veloci! Sembra essere una cosa importante!” quando, arrivata a dieci metri da loro, scivolò sull’erba, finendo dritta contro l’albero in cui c’erano i tre amici. Giuseppe ed Akimi fecero appena in tempo a buttarsi di lato che la ragazza andò a schiantarsi sul tronco, sfiorando per un soffio Bertalozzo che continuò a dormire sereno senza accorgersi di nulla. “E chi sarebbe?” chiese l’arciere mentre la aiutava ad alzarsi. Akimi, visibilmente divertita, diede un pugno sulla spalla all’altro. “Ehi! Non potresti svegliarmi più dolcemente!?” disse Bertalozzo, ma lei non lo stava ascoltando. Guardava l’altra passare un braccio attorno al collo del ragazzo per sostenersi: si era fatta abbastanza male nello schianto, e si vedeva una macchia rossa allargarsi lentamente sul ginocchio, con un filo di sangue altrettanto scuro ma sottile che scendeva fino al piede. Diretti verso casa di Martina dove li stava attendendo quell’uomo, arrivarono in poco più di dieci minuti, in cui si dovettero fermare più volte perché la ragazza rischiava di allentare la presa da Giuseppe e Bertalozzo che la sostenevano totalmente. La fecero sedere in soggiorno, poi spostarono la loro attenzione sull’assassino dalla parte opposta del tavolo. Che era un assassino lo si capiva dal cappuccio rigido a forma di becco d’aquila, bianco come la tunica di lino leggero che indossava.
“Accomodatevi. Siete voi Akimi, Giuseppe e Bertalozzo?” chiese con voce pacata e calma.
“Si, e lei chi è?” risposero i tre in coro, sedendosi.
“Vengo dalla confraternita degli assassini per annunciarvi il testamento di Willer”
Silenzio. Per alcuni secondi nessuno parlò, perché Willer, il capo della confraternita, non poteva essere morto. Poi Bertalozzo, il più legato a lui, chiese finalmente ciò che tutti attendevano:
“Come è successo?”
Il messaggero rimase qualche secondo in silenzio, scrutandoli, come per decidere se dire loro la verità o inventare una bugia credibile. Alla fine sembrò optare per la prima opzione:
“I testimoni raccontano che era sul bordo di un palazzo ad ammirare il panorama, quando un ladro in fuga l’ha toccato, facendogli perdere l’equilibrio. Quando ha toccato terra, sbattendo la testa, è morto… sul colpo. Crediamo sia stato un incidente, non sembra sia stato intenzionale”
Bertalozzo sembrava arrabbiato, probabilmente con il ladro o con quell’uomo, che parlava dell’accaduto con noncuranza, proprio come se stesse riferendo la data di una festa o chissà quale informazione di scarsa importanza. Akimi si copriva il viso con le mani, le lacrime che scendevano silenziose lungo le guance, fino al mento: anche lei era stata molto legata a Willer, che li aveva allenati per tutti quegli anni. Giuseppe invece provava solo disgusto... il capo della setta gli ricordava tutta la gente morta allo stesso modo, e tutta quella uccisa da loro tre; avrebbe preferito non saperlo, e sperava di non sentire altro.
“Tornando all’argomento in questione, mi pareva di dover leggere un testamento...”
Tutti furono riscossi dai loro pensieri e tornarono alla realtà, prestando ascolto all’assassino.
"Ecco qua" disse, e cominciò. “Testamento di Alberto Girolamo Willer, che destinò tutti i suoi sforzi al 'bene superiore'. Questi sono i suoi ultimi desideri. Tutto il mio denaro e i miei possedimenti rimangono alla setta” lesse. “Ad Akimi lascio i miei coltelli da lancio, nella speranza che la possano aiutare a colpire le sue prede” ed estrasse dalla sacca da cui aveva preso il testamento una custodia di pelle a forma di spalliera con cinquanta pugnali sottili, pesanti e ben affilati. “A Bertalozzo affido il mio binocolo, sperando che riesca così a vedere ‘al di là di quello che ha sempre guardato”. Così consegnò un binocolo d’ottone piuttosto logoro, e anche un po’ arrugginito. “Infine, a Giuseppe regalo la mia balestra, cosicché possa aiutare i suoi amici nel loro intento” e diede al ragazzo un’arma antica ma in buone condizioni, insieme ad un cinturino con delle frecce lunghe nemmeno la metà di quelle da arco.
“Nel testamento nomina solo voi tre, nonostante abbia avuto centinaia di allievi. Avete idea del motivo per cui l’abbia fatto?” riprese l'uomo.
“Beh, ci aveva allenato personalmente” tentò Akimi; “Perché eravamo arrivati fino alla setta in modo valoroso! Forse ha voluto ricompensare il coraggio…” azzardò Bertalozzo; “Ci ha allenato perché eravamo amici del Mite, così magari insegnandoci i principi degli assassini e facendoceli rispettare saremmo riusciti a far cambiare idea anche a lui… e cosa di più simbolico se non lasciarci parte dei suoi averi?” disse l’ultimo.
“La risposta di Giuseppe include anche quella di Akimi, ma è comunque valida. Si, penso che possa essere proprio per questo” spiego l’uomo. “Ma c’è anche un altro motivo: la profezia”
“La… profezia?” chiesero quasi in coro i tre
“La profezia” ripeté l’assassino
“Una profezia che lo riguarda?” Akimi stentava a mantenere un’espressione seria, come del resto gli altri due, sorpresi quanto lei. Willer non sembrava una persona importante a tal punto da fare profezie su di lui.
“No, non che riguarda lui, che riguarda voi!” disse esasperato il messaggero. “Un giorno di ventidue anni fa, la veggente del villaggio - "tua nonna" aggiunse rivolto a Bertalozzo riferendo quella che secondo lui era una notizia priva d'importanza - ebbe una specie di svenimento. Parlò con una voce secca e aspra che non le apparteneva, e non riuscivano a svegliarla. Disse che un giorno, tre ragazzi di questo villaggio, nati allo stesso tempo, sarebbero stati una minaccia per i templari: li avrebbero sfidati più volte, uscendo dallo scontro sempre vincitori. Ma l’ordine avrebbe corso un grave rischio se avesse tentato di ucciderli quando non erano ancora pronti per accettare il loro destino”. Rimase per qualche secondo in silenzio, come tentando di ricordare o forse solo per fare più enfasi al suo racconto, poi proseguì. “Io c’ero, seppur ancora adolescente, e vidi con i miei occhi tutto ciò che vi sto raccontando. C’era anche Willer, appena ventenne, e Carlo Benedetti, quello che poi diventò il capo dei templari in questa provincia.”
Per alcune decine di secondi ci fu l’ennesimo silenzio. I quattro ragazzi stavano decifrando e riordinando le idee, Martina compresa che aveva assistito a tutta la discussione, essendo stesa sul divano; il messaggero invece stava attendendo la domanda che certamente sarebbe arrivata, perché era il concetto centrale dell’argomento in questione. Infine la espresse Giuseppe: “Tre ragazzi di questo villaggio, nati nello stesso giorno. Quindi… quindi si riferiva a noi?”
“Su questo, credo non ci siano dubbi” disse l’assassino, felice che avessero capito.
“Quindi noi eravamo destinati a diventare assassini fin dall’inizio?” disse sicura Akimi, ma si sbagliava. “No. E’ qui che sta il problema”
“Non capisco… la profezia parla di noi quindi…”
“La profezia poteva compirsi come non compirsi! Poteva essere ignorata!”
“Perciò noi non eravamo destinati a combattere i templari?” chiese Bertalozzo
“Si che lo eravate, ma non per la profezia! La veggente non creò una causa, ma una conseguenza. Pensate: se non aveste mai sentito la profezia, cosa provereste nei confronti dei templari, sapendo che avevano ucciso tante persone a voi care? Cos’avreste voluto fare?”
“Li odieremmo in ogni caso e vorremmo ucciderli con le nostre mani, ma non è questo il punto” rispose pronto Giuseppe
“E invece è proprio questo il punto! Perché se i templari non avessero mai attaccato il vostro villaggio, voi non avreste avuto nulla in contrario a loro e la profezia sarebbe rimasta solo un mucchio di parole al vento! Vi siete mai chiesti perché attaccarono proprio il vostro villaggio?”
“Noi pensavamo che fosse per rubare cibo e gioielli…” spiegò Akimi
“E vi sbagliavate. I templari, protetti dalla chiesa che fornisce loro denaro e viveri in abbondanza, non hanno bisogno di rubare e affaticarsi inutilmente”
“Quindi vennero qui per compire la profezia!” esclamò Bertalozzo.
“Quando il successore di Benedetti seppe che tre ragazzi erano nati nello stesso giorno, tutti in un solo villaggio della provincia, si spaventò subito. Ordinò di devastare tutti i paesini, finché non avrebbero trovato quello giusto e ucciso i tre bambini. Questo fu un enorme errore” raccontò l’uomo. “Benedetti, in punto di morte, aveva raccontato solo la prima parte della profezia, tralasciando il nome del villaggio e la parte con gli effetti collaterali o per mancanza di tempo o come atto di bontà per redimersi dai suoi peccati, così i templari attaccarono sicuri che ciò servisse a estirpare il morbo e salvarsi quando ancora erano in tempo. E’ palese che si sbagliavano”. Attese qualche secondo, poi sospirò all’aria interrogativa dei tre. “Attaccandovi, non solo hanno dato importanza alla profezia, ma vi hanno dato un enorme potere, perché solo chi combatte per vendicare qualcuno a lui caro non si arrenderà finché non ci sarà riuscito, o morto”.
"Perciò lui ci ha dato un potere sconosciuto ai templari, che cercano solo ricchezze e potere! E noi lo abbiamo usato proprio contro di loro, non tirandoci indietro nemmeno una volta!" esclamò Akimi in preda a un'improvvisa quanto corretta intuizione, che nessuno dei tre avrebbe potuto raggiungere se non sotto i suggerimenti del messaggero. Compiaciuto, questo fece notare: "vedete? Non è per via della profezia che eravate e siete ancora destinati a distruggere i templari, ma loro hanno vedute troppo ristrette e la mente blindata per poterlo capire". Ma i ragazzi quasi non lo ascoltavano, troppo occupati a scambiarsi sguardi felici, perché uno qualsiasi degli esseri umani al di fuori di quella stanza avrebbe potuto dire che non cambiava niente, che non c'era alcuna differenza, ma per lei, e per i suoi migliori amici pensò con un moto d'orgoglio verso i due ragazzi che l'avevano da sempre accompagnata in ogni cosa, c'era una differenza infinita.
"Bene, ora mi rimane solo una cosa da chiedervi prima che il mio compito sia finito: tornerete a far parte della nostra confraternita? Completerete la vostra missione?"